Jason Isbell, songwriter sopraffino, riesce a mettere sulla tela di
The Nashville Sound il peso delle emozioni umane girandoci intorno con poetiche ballate e allo stesso tempo, con brutale onestà, ad enfatizzarle col rock e le chitarre.
The Nashville Sound ha il sentore degli ultimi accadimenti in terra d’America, culturali e politici, le critiche espresse alla presidenza Trump fin troppo chiare sui social media, ma The Nashville Sound ci porta in altri mondi e in altri modi di fare musica dove dimentichiamo il ‘vecchio’, e come succede sovente, sono gli osservatori che insegnano a seguire il nuovo.
Da una decade con i
the 400 Unit (si segnalano il chitarrista
Sadler Vaden -un bel cd di rock ‘n’ roll nell’ultimo disco omonimo- e il violino della moglie
Amanda Shires) Jason Isbell confeziona un signor disco di Americana, con più grinta rispetto al recente passato, da una parte ballate come
Last Of My Kind o anche
Tupelo dove assesta un colpo iniziale alle aspettative dell’ascoltatore, di quelle che fanno benissimo al cuore, dall’altra le escursioni elettriche di
Cumberland Gap,
Anxiety e
White Man's World, Jason Isbell accumula frammenti diversi ma sono saldamente attaccati tra loro.
Accattivante il modo in cui The Nashville Sound arretra rispettosamente e devia verso una finestra aperta su un paesaggio bucolico,
Chaos And Clothes,
Something To Love e l’escursione più ampia nell’elegante bellezza di
Molotov, ma l’ultimo bagliore di The Nashville Sound è col rock, sempre pronto a tornare, come la risacca che rincorre la spiaggia fino a ricoprirla, un attimo prima di essere nuovamente trascinato via, come accade sulle note di
Hope The High Road.
Le canzoni di The Nashville Sound aprono, forzano, danno un punto di vista sulla musica di Jason Isbell che non potresti raggiungere da solo.
Ti ricordano di chiederti ogni volta cosa ascoltare, in maniera molto semplice.