LOS LONELY BOYS (Los Lonely Boys)
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  Recensione del  31/03/2004
    

Questo album di debutto del trio texano messicano Los Lonely Boys, formato dai fratelli Garza (Henry, Jojo e Ringo, guarda caso suona la batteria) è sicuramente da annoverarsi tra i debutti più interessanti di quest'anno. Una band dal suono potente che richiama le proprie radici latine, con influenze che vanno dai Santana ai Los Lobos, ma che sa costruire solidi brani rock, potenti ballate elettriche e viscerali blues texani, in cui si ritrova l'anima di Stevie Ray Vaughan. Paragoni altisonanti per una band coi contro coglioni che suona alla grande e che sa comporre canzoni vere.Con una produzione seria alle spalle, John Porter, e l'appoggio di uno come Willie Nelson (che suona la chitarra nella ballata finale, La Contestacion), questi ragazzi sono destinati a sfondare.
Un disco tosto, che non segue le mode, e che si apre subito con una rock ballad tesa, Senorita, in cui si nota la chitarra potente di Henry Garza, che lascia un segno indelebile già nei primi solchi. Un suono che non ti aspetti: niente tex mex, nessuna sdolcinatezza, solo rock, puro e vero. Senorita ha un assolo centrale di chitarra da brivido e prepara adeguatamente al resto del disco. Infatti Heaven conferma immediatamente quanto il primo brano aveva anticipato. Si tratta di una ballata dalle tonalità latine ma con un forte accento rock, grazie alla chitarra solista, mentre la ritmica abbraccia una cultura diversa. E questo è un po' il tema conduttore del lavoro. Dal blues ruvido di Crazy Dream, che inizia alla maniera di Stevie Ray, per poi fuoriuscire come un brano dei Lobos.
La connessione coi Lupi si fa più forte nella brillante composizione latina Dime Mi Amor, che però non perde il retrogusto rock ed è sorprendente per la sua complessa costruzione, oppure nella deliziosa canzone elettroacustica Hollywood che cerca di combinare rock e musica messicana attraverso un approccio molto flessibile, cosa riuscita sino ad oggi solo ai Los Lobos. Ma il brano più sorprendente è senza dubbia Onda, quasi nove minuti di straripante jam, con la chitarra che viaggia a mille e che rivela una band pronta ad improvvisare e decisamente innovativa, soprattutto rispetto ad altri gruppi dello stesso ceppo originario. Onda inizia con il passo del miglior Santana per poi scoprire le carte e lasciare andare gli strumenti alla grande: Henry è un chitarrista di tutto rispetto e jamma in modo spettacolare mentre JoJo e Ringo sono due sparring partners di indubbio spessore.
Onda è la ciliegina sulla torta, la canzone che ci fa capire che troviamo di fronte ad un gruppo di straordinario spessore destinato a fare grandi cose. Il Texas non è nuovo alle jam band, una per tutte i Moses Guest, ma Los Lonely Boys hanno un approccio unico a questa musica e Henry Garza ha il sacro furore nelle dita. Willie Nelson li ha voluti come opening act per il suo tour di quest'anno e, dopo avere sentito il disco, si capisce il perché.
E non è finita. Real Emotions sta ancora in territorio Lobos, con accenni mexican ed un cantato molto vicino a quello di Hidalgo, Velvet Sky arrota la chitarra per un brano dal robusto tessuto blues rock, More Than Love è una composizione rilassata dalla struttura soffice, Nobody Else un veicolo per la chitarra di Henry e le tastiere di Reese Wynans, in bilico tra Messico e Texas. Los Lonely Boys coniugano rock e radici alla perfezione, hanno in mante la lezione di Doug Sahm ed il suono di Stevie Ray Vaughan, non dimenticano i Lobos ma strizzano l'occhio ad Albert King. Hey, siamo di fronte ad una piccola grande band.