LIGHTNIN MALCOLM (Outlaw Justice)
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  Recensione del  30/06/2017
    

Outlaw Justice si parcellizza in una struttura a matrioska che incastona il Blues dentro il rurale delta del Mississippi, li scompone su piani narrativi semplici e diretti, e come sempre, molto legati alla chitarra elettrica che occupa costantemente la scena, senza tuttavia invaderla.
Sa miscelarne i punti di vista Lightnin Malcolm in Country Store e la radiosa Ain't No Place, melodie guizzanti come Big Rock e ballate tra elettrico (Man Who Ruled) e l’acustico con l’armonica (Nuclear Fallout Cave e Justice Department), nascono e si sviluppano a partire dalla suggestione provocata da un luogo come il Mississippi, ma si esplora parecchio in Outlaw Justice.
Inclinazioni nostalgiche e ipnotiche, molto stimolanti in Cold Blooded Killer, Lightnin Malcolm procede per oscillazioni e spostamenti laterali tra basi morbide nel rock e le diramazioni del blues (Mighty Thin, Just My Job e la deliziosa Master's Hand dove torna a brillare l’armonica), il tutto combinato in modo da non perdere mai di vista la linea di una rotta che non rinuncia comunque a seguire deviazioni bucoliche che srotola e illumina in controluce nel finale di Justice Department e Last Cowboy Outlaw.
Perchè in Outlaw Justice l’alfabeto bucolico non va solo sillabato o declinato, ma anche riflesso nel Mississippi Blues.