Rock 'n' roll anni ’60 da Nashville,
To The Top funziona perché ha la giusta distanza, di spazi, di attimi sospesi da colmare con la memoria, l’azione dei
The Blackfoot Gypsies è catartica, come l’emozione offerta dall’iniziale
I'm so Blue, con una sprizzante effervescenza dove sfogano la consapevolezza che il tempo fugge, ma al tempo stesso sono pronti a liberare la gioia di approfittare del tempo che verrà.
Altro che luogo per nostalgici, Zack Murphy e Matthew Paige capeggiano un quartetto scatenato (ci sono Dylan Whitlow al basso e Ollie Dogg all’armonica che regge bene il passo di
Everybody's Watching) To The Top opera soprattutto con il tempo del rock, ma è molto più ricco di quanto si possa prevedere, sono bravi a stilizzare i minuti dei singoli brani, a bloccare l’attimo per poi farlo ripartire.
Come un fermo immagine sul passato in
Promise to Keep e su canzoni come
Potatoes and Whiskey e
Velvet Low Down Blues che da quell’attimo di pausa prendono il via verso sfondi bucolici del Sud, tra polverosi bar di provincia a passaggi per New Orleans, poi i The Blackfoot Gypsies tornano a ringhiare e il rock riparte, con il ritmo di
I Had a Vision che sfocia in
I Wanna Be Famous che a sua volta ne riverbera le emozioni.
15 brani, tanti paesaggi, finestre, punti di fuga.
Si resta sempre dentro a To The Top, dalla dolce armonica della piacevole
Woman Woman, alla sua materia in
She Was Mine, agli esercizi bluesy di
I've Got the Blues, il tempo del rock in una canzone come
Gypsy Queen a come i The Blackfoot Gypsies riescano ad afferrarlo in tutta la sua essenza nella conclusiva
Why Should I Try.
To The Top non è solo l’occasione per un happening da già sentito, ma un modo per contemplare ciò che non si era già ascoltato.