Per la serie un volto nuovo: ha appena ventiquattro anni, arriva da Henrietta, una città texana di 2.500 anime; si chiama
Ben Atkins e, come tanti ragazzini di provincia, trascorre l'adolescenza sognando una trasvolata libertaria in mezzo alle stelle e il mondo là oltre lo sguardo, uno sbarbatello che ritrova la sua libertà mistica suonando una chitarra scassata acquistata di terza mano e tentando di copiare i suoni dei dischi collezionati dai familiari: albums di Hank Williams, di Buck Owens, di Emmylou Harris, di Willie Nelson o Guy Clark, vinili sopra i quali papa e mamma talvolta suonano chitarra e violino, il nonno è poi un grande fan di Bob Wills e Jimmie Rodgers e grazie a tutto ciò il ragazzo acquisisce una solida competenza propedeutica a base di texas country music e affini.
Con gli anni novanta arriveranno gli anni del college e la prima chitarra elettrica: è il tempo dell'ebbrezza grunge e alla high school il giovane Atkins prova a rifare il verso ai Nirvana, ma l'esperimento non riesce a appagarlo e matura in lui l'esigenza di riapprioparsi delle proprie radici per svecchiarle e adattarle al presente. Buddy Miller, Townes Van Zandt e Steve Earle diventano alcuni dei suoi guru e un suo demo con quattro brani finisce per buona sorte nelle mani di Lloyd Maines che lo benedice e lo convoca ad Austin indirizzandolo alla Hightone.
La conseguenza è questo esordio che vede nelle sue fila strumentisti della Austin che conta tra cui
Joel Guzman alla fisarmonica,
Lloyd Maines alla pedal e lap steel e al dobro, Jedd Hughes alle chitarre, Rick Richards: drums ed altri guys; Kym Warner (collaboratore di Kasey Chambers) oltre a suonare mandolino, chitarre, bouzouki è anche il produttore del ed che è stato poi masterizzato da Buddy Miller nel suo "Dogtown Studio" di Nashville; è evidente che un team di tale sorta non poteva non destare curiosità.
Le canzoni di Ben Atkins raccontano storie di vita della provincia americana e sono tutto sommato positive. Il suono è pieno di frizzanti sfumature roots; la title track
Mabelle è una accattivante song e cattura già al primo ascolto;
Last Hard Bible parte al galoppo ed è solida mentre
I Don't Want To Hide e
I'm To Blame sono due ballate che ci fanno vagabondare con la fantasia.
I'll Come Around ha un suono vitale ed è gradevolissima come una brezza che ci porta profumi del bosco, poi c'è
Milo Johnson che prende la rincorsa per trottare sui sentieri countryrock.
In
Every Time You Turn Around e in
Ask Me Why si percepiscono evidenti tratti alla
Steve Earle e questa è una presenza spirituale che tra questi solchi si aggira in più di una traccia; tra gli altri si avvertono anche echi che ricordano un po' Robert Earl Keen o Rodney Crowell.
You Pulled Me Down sfoggia i muscoli e sgasa con l'acceleratore;
Rivers And Pines,
The Same e
Another Place and Time sono songs gradevoli che sono trasportate sui binari di quella direttiva "Americana" di provincia che trasuda virtù e semplicità. …Con svariati solchi musicali di qualità ed altri più standard
Mabelle è un album tonico e, in ogni caso, merita più di un ascolto….