SWINGING STEAKS (Sunday Best)
Discografia border=Pelle

  

  Recensione del  31/03/2004
    

Il nome degli Swinging Steaks vanta una militanza nel settore roots americano ed una qualità media dei suoi lavori da poter giustamente recriminare un posto al sole. Difficile pensare che dopo dieci anni di onorata car Suruiay 'Best riera ai margini qualcuno si accorga di loro, ma se non altro l'interessamento della benemerita Blue Rose aiuterà un poco la familiarità del pubblico europeo con il loro scintillante rootsrock. A sentirli per la prima volta non ci credereste che hanno base a Boston: sono infaticabili veterani della EastCoast, ma quando accendono gli amplificatori sembrano sbucare da qualche alcolico saloon di Austin o dalla più profonda provincia americana, Midwest e dintorni.
Tim Giovanniello, Jim Gambino e Jamie Walker sono in realtà un team di songwriters che tirano avanti la baracca con uno stile impeccabile, fin dai primi anni novanta, quando Suicide at The Wishing Well e soprattutto Southside of The Sky (uscito per la mitica Capricorn) anticipavano le vibrazioni Americana di questi anni. E chi meglio di loro potrebbe giustamente fregiarsi di questo termine, con una mescolanza di umori da piccola enciclopedia ambulante del rock americano.
Se già il precedente Kicksnarehat aveva mostrato una band in recupero, rinsaldata dopo le vicessitudini discografiche e contrattuali, il nuovo lavoro riesce a fare di meglio, mettendo in fila una bella serie di ballate impolverate ed accendendo un cero ai Creedence di John Fogerty. Un disco che non cambierà di una virgola la loro storia, ma lascerà il segno fra gli appassionati di un modo spiccio ed onesto di fare musica "on thè road". Sunday Best ha il respiro del migliore rock proletario americano, con la fortuna di avere in squadra tre diversi autori che sanno giostrare le loro molteplici fonti di ispirazione. Giovaniello (chitarre e voce) è quello più festaiolo, elettrico e ispirato, mette in scena un robusto rootsrock di derivazione texana (Good Day) che vive di giocosi ritmi rurali (Long Ride, Come and Get Your Love) e melodie nostalgiche uscite dritte dagli anni settanta (Anna Lee ed una Pictures con tanto di violino che non avrebbe stonato nelle mani di Bob Seger).
Jamie Walker (chitarre e voce) predilige le tonalità del countryrock più classico, come nelle limpide melodie di Long Time e Light of The Moon (pregevole la lap steel di Steve Sadler) e in quelle più saltellanti di Downtown, ma non disdegna affatto di sconfinare nella pura tradizione honkytonk (le innocue Stick Around e All the Love, forse le meno interessanti della raccolta). Jim Gambino (che è anche un ottimo pianista) è infine il più defilato e malinconico, firma due soli bani, ma lascia il segno con una Times Stands Still che emana un forte southern feeling. Sunday Best avrà anche una delle copertine più imbarazzanti che si siano viste di recente, ma in fondo è in linea con il loro attegiamento da operai del rock'n'roll, a cui interessano più la sostanza delle canzoni che il contorno.