ORANGO (The Mules of Nana)
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  Recensione del  27/04/2017
    

Dalla Norvegia, un trio che sguazza nel classic rock e il riverbero metallico di The Mules of Nana è materico, i suoni assumono un rilievo quasi fisico e divampano da Heartland, profondi vortici alla chitarra come un luogo sinistro e misterioso che, come una droga, entra in circolo brano dopo brano.
Gli Orango nascono ad Oslo nel 1999, tre voci e chitarre abbracciano The Honeymoon Song e la conclusiva Ghost Riders, uno sguardo al passato sembra sia l’unico strumento per affrontare compiutamente il presente, gli Orango solcando una linea di demarcazione all’insegna del classicismo più puro anche per le ballate (Heirs, Born to Roll, pronte a incendiarsi come Tides Are Breaking), The Mules of Nana pratica un’idea di rock a tutto tondo, oltre le superfici del tempo, travalica le categorie asfittiche del nostro quotidiano e abbatte confini.
Un sesto disco ricco, quel rischio di immergersi in acque torbide dove la psichedelia serve a rendere limpide e leggibili brani come Train Keeps Rolling On, e solide e granitiche discese nel rock di Head on Down e Hazy Chain of Mountains, The Mules of Nana è un disco che non si dimentica facilmente, che lascia dentro una sensazione, un particolare di un suono.
Ragioni che ne fanno una band da (ri)scoprire.