Per sondare i limiti e le possibilità della percezione del rock c’è la band di Dustin Pittsley da Tulsa, Oklahoma.
Dustin Pittsley Band potrebbe definirsi un’eco profondo di classic rock, muffa per ragazzini foruncolosi, ma non per chi guarda all’altra parte del mondo e il ‘rumore’ anni ’70 che si allarga da
Can't Find Nothin' e
Satellite riproduce con un’eco potente e tangibile, il fascino di un suono melodico e avvolgente che la Dustin Pittsley Band poi riesce a calare in un’atmosfera sporca e cupa – specchio della pseudo sofferenza dei tempi moderni in
Just Enough Time.
Aria fresca da
Rare to Be Right, indovinati i cambi di ritmo come le pause chitarristiche, 7 minuti di spessore, non c’è niente di nuovo, forse, ma è una strana, bellissima dolcezza di fondo in
Where I've Been, in un’aria malinconica e trasognata in
Shadow of a Stranger, un abbandono al piacere della musica in
For the Ones We Leave Behind e
Slow Down.
Quei pizzichi di chitarra restano vivi a lungo, come i sogni generati da una canzone come
Where I've Been capace di smuoverti solo per cercare quel perseguimento testardo di un piacere legato al rock che non vuol esaurirsi!