Il disco è uscito alla fine delio scorso anno. È uscito abbastanza in sordina, ma poi il passaparola lo ha fatto crescere sino a farlo diventare un disco culto. I
Tishamingo sono un quartetto della Florida, di Tallahassee, ma ora fanno base ad Atlanta. Hanno un suono solido, molto southern, scrivono liriche dirette, e la loro musica è un insieme di blues e rock, come per la grande parte delle migliori band del settore. Hanno anche influenze country, ma in maniera abbastanza ridotta. Malgrado questo album rappresenti l'esordio della band, il suono è maturo ed il disco regge benissimo i 56 minuti che lo compongono.
Cameron Williams, voce e chitarra,
Jess Franklin, chitarra,
Richard Proctor, batteria,
Stephen Spivey, basso. Questa la formazione dei Tishamingo, aiutata in studio dall'ottimo pianista
Jason Fuller e, in parte, dal produttore
John Keane al banjo e pedal steel e dall'armonicista
Kris Kolp. Il suono è quello che ci si può attendere da una vera southern band: ruvido, bluesato, corposo ma con accenni roots. Ma quello che fa la differenza sono le canzoni, alcune veramente belle (ascoltate
Lazy Susan e poi mi direte).
D'altronde i quattro non sono alle prime armi ma hanno già una bella storia alle spalle e qualche disco sparso qui e là nel corso degli anni. Cameron e Proctor hanno lavorato per un certo periodo con la Black Creek Band ed hanno aperto i concerti di Widespread Panic e Derek Trucks, quindi sono entrati negli Uptown Rudy, band che ha registrato un disco con la produzione di John Kurzweg e nel quale appariva in veste di sideman anche Derek Trucks.
Jess e Spivey hanno fondato Jess Franklin and the Best Little Band ed hanno girato in lungo ed in largo il Sud, suonando con i Gov't Mule, Derek Trucks, Kenny Wayne Shepherd. Insomma gente che si è fatta le ossa e che ora debutta con le idee chiare ed un suono marcato. L'album contiene 13 canzoni e non c'è una nota da buttare. Apre la dura
Whiskey State of Mind, un ruvido brano rock con forti tinteggiature blues, in cui le chitarre si ergono vibranti e la ritmica fa subito la sua parte. Una classica southern song, che sarebbe a suo agio sia nel repertorio dei muli che in quello degli Skynyrd.
People See mischia un pizzico di country con gli umori del Sud ed ha un suono spigliato. Poi il disco parte definitivamente quando le prime note della maestosa
Lazy Susan invadono l'etere. Una classica southern ballad dai sapori intensi, cantata con l'anima e suonata alla grande, dotata di un motivo di impianto classico e di un ritornello splendido. Ma è tutto l'insieme che funziona molto bene grazie alla compattezza del suono ed alla potenza della linea melodica.
Una canzone da ricordare.
Way Back Home, introdotta dalla chitarra acustica, contiene scampoli di blues e spruzzate di folk, ma si mantiene nell'ambito della ballata roots. Il southern rock torna prepotente in
Lickety Spit, tutta giocata sui cambi di tempo e nella nostalgica
Palmer March.
Tradition, lunga e possente, è una ballatona di grande impatto: bella voce, ottima melodia, notevole gioco di chitarre.
Dopo la parentesi country rock di
Little Red ecco lo splendido slow blues
Pete's Lament, lungo e chitarristico, che mette a frutto la bravura dei quattro. Il disco si avvia alla fine ma c'è ancora tempo per la gustosa parentesi rock 'n country della spigliata
Turry & The Tellico Militia e per la fluida e intensa
Last Ride. Il Sud continua a sorridere.