Al quarto disco il vocalist Cody Cannon gioca in continuazione con gli spazi e i luoghi dell’universo ‘Sudista’, dà vita ai
Whiskey Myers i quali tentano di far aderire, di volta in volta,
Mud con degli spazi che si moltiplicano progressivamente, che sembrano senza limiti, senza restrizioni, senza leggi prestabilite a sentire prima il violino che solca
On The River con la coda elettrica finale che introduce la vibrante
Mud per poi spiazzare tutti con la sezione fiati di
Lightning Bugs And Rain.
Insomma il vento del Sud sembra sparpagliare in ogni direzione Mud, quello forte di
Deep Down In The South, quello che sgorga da
Some Of Your Love e
Frogman, lì i Whiskey Myers lo attraversano tra la luce e il buio dei riffs chitarristici di Cody Tate e John Jeffers, come un tunnel sotterraneo apparentemente minaccioso, poi i Whiskey Myers risalgono, e non è poi un male, il buco centrale al piano di
Stone prova a riprodurre sembianze identiche secondo prospettive irrimediabilmente deviate, non delude, il guizzo finale è accattivante, come l’immersione acustica di
Trailer We Call Home pensando a casa, Palestine, in Texas.
Da citare
Hank, un ricordo del frontman Cody Cannon a quell’album che gli ha permesso di cambiare l’angolatura sulla propria idea di musica, ovvero Hank Jr.’s The Pressure Is On e la partecipazione del produttore Brent Cobb insieme al gruppo nella festosa chiusura di
Good Ole Days.
Mud apre altri squarci su una discografia già di sostanza e ora ancora più interessante da scoprire.