Chelle Rose è tornata in Tennessee, ha lasciato per strada Nashville, un marito, un lavoro ‘normale’ per una carriera da singer/songwriter: “
I needed music”.
Dal 2012 dell’ottimo
The Ghost of Browder Holler, molto texano come
Ray Wylie Hubbard che lo aveva prodotto,
Blue Ridge Blood resta confinato nel rurale Sud americano, dove il contatto quotidiano con una società poco incline al compromesso inasprisce l’iniziale
Paintsville Table, Chelle Rose si ritira dalla realtà colonizzata dalla televisione, e si rinserra in uno spazio circoscritto, il rock di
Not Your Girl, scurissimo in
Reckon with the Devil, si allenta qua e là, tra le steel guitars, il banjo, in ballate dalla parte di
Mary Gauthier (
Dammit Darlin,
Laid Me Down e
Blue Ridge Blood (cantata con
Buddy Miller)) e lasciano intravedere frammenti di un orrore lasciato ai margini, che preme per entrare nella solida
Mean Grandpappy.
Gypsy Rubye è ancora illuminata da intriganti e nervose chitarre, e Chelle Rose afferra il momento di luce per orientarlo nel labirinto tenebroso in cui è immerso Blue Ridge Blood nel finale, l’introspettiva bellezza di
Hidin Hole, una perla elettro-acustica come
Southern 4501 lungo la quale è perimetrato un consumo e un ascolto molto stratificato, cui Chelle Rose si è sempre dimostrata sensibile e ci si dimentica della forza di gravità, lasciandole fluttuare libere e complici nel sogno accessibile a tutti di Chelle Rose.