ERIC HISAW (Never Could Walk The Line)
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  Recensione del  31/03/2004
    

Eric Hisaw, originario di Las Cruces, New Mexico, ma residente ad Austin, è una delle nuove giovani promesse della città più musicale dello stato della stella solitària. Due anni fa il giovanotto s'era già fatto notare pubblicando il suo album d'esordio Thing About Trains, un buon biglietto da visita che ha ricevuto positivi consensi e lo ha fatto conoscere fuori dei confini locali. Tra le sue fondamentali influenze giovanili Eric cita Steve Earle, Bob Dylan, Keith Richards & Rolling Stones, Buddy Holly e... Jack Kerouac (ma, ascoltandolo, io aggiungerei anche Joe Ely).
Grazie al suo entusiasmo e alle sue capacità si è presto inserito nella comunità musicale di Austin e, oltre a una propria carriera solista come songwriter, impegna il suo tempo come side man e producer; noi, per esempio, l'abbiamo notato come chitarrista in Makin' Hey (2000) degli Heymackers e in That Godforsaken Road (2001) dei Blue Diamone Shine e in veste di musicista/produttore in Wings Of A Butterfly di Chrissy Flatt. Never Could Walk The Line convalida il buon songwriting di Hisaw, morde la mela e mantiene le promesse, mischia ormoni country e sterzate rock('n'roll) per trasbordare strada facendo sulla diligenza No Depression pagando il biglietto con una manciata di pepite a base di poesia spicciola; storie di provincia e spostamenti da un luogo all'altro alla ricerca inquieta di polvere di stelle e un posto dove destarsi, sui suoi stivali c'è la polvere del deserto delle piste di confine tra Juarez e El Paso a cercare rifugio & canzoni lontano dalle luci della città.
A fargli compagnia in questa avventura incrociamo vecchie conoscenze come l'amico Jud "Scrappy" Newcomb alle chitarre (vi ricordate dei Loose Diamonds?) e Lisa Mednick alla fisarmonica; Larry Tracy è alla pedal steel e alla 12 corde mentre la sezione ritmica è composta da Dana Myzer alla batteria e Ron Flynt al basso. Si parte più che bene con una pregevole e asciutta Maybe The Devil dedicata alla memoria del leader dei Gun Club Jeffrey Lee Pierce e a Eddy Shaker; dopo di che Garage Sale ha suoni mossi e gustosi anche se il testo parla di vita da strada, auto ed estromissione... What It Means To Be Free e Something Good To Say mi riportano (soprattutto la seconda) a certe ballads sabbiose alla Uncle Tutelo: colori seppiati, atmosfere pigre e sapori desertici... Ain't How It Was ha un itinerario vicino alla rotta di Joe Ely mentre Never Could Walk The Line ci traina su una impalcatura essenziale, per certi versi accostabile ad ambienti graditi a Ray Willie Hubbard.
La positiva First Time Again ha nei suoi solchi una buona dose di pathos e tensioni emotive e Ramblin' Blues è un discreto country elettrificato con reminiscenze honky tonk blues. Danced With The Prettiest Girl è un'altra sapida ballata stradaiola che merita attenzione e non ha nulla da invidiare a composizioni di più titolati colleghi. Alla fine troviamo un brioso 4/4 alla Joe Ely: si tratta di Under The Moonlight, un granuloso rock'n'roll elettrico e muscoloso che conclude convenientemente l'opera. Never Could Walk The Line probabilmente non cambierà il mondo, ma sono dischi come questo che ci fanno stare meglio.