Mistico e scuro come piace ai
Blues Pills, “
Lady in Gold is a character symbolizing death”, spiega la vocalist Elin Larsson, secondo disco non all’altezza dell’esplosivo esordio, ma era difficile tenerne il passo, ma bisogna aggiungere che il combo svedese-franco-americano presenta un disco solido, senza guizzi, vero, ma accattivante.
La voce esplosiva della Larsson è sempre la protagonista di un rock anni ’70 che entra prepotente nella spirituale
Lady in Gold, salvezza, il messia, anime che vacillano, il diavolo, affinché la storia di
Little Boy Preacher possa innescarsi con il dovuto gioco di aspettative e sorprese, la sezione ritmica su tutte, si carica sulle spalle anche
Burned Out.
Dolce
I Felt a Change, a sancire Lady in Gold tra smarrimenti repentini e aspre aggressività sonore che accendono il finale chitarristico di
Gone so Long, i Blues Pills tendono a ribadire con
Bad Talkers che il risultato di Lady in Gold non è un'atmosfera addomesticata, senza mai svaporare come se lentamente il suo nucleo non necessitasse più di una musicalità ipertrofica, ecco la vitale
You Gotta Try e
Won't Go Back, spiccano in chiusura
Elements and Things e
Rejection fra mimetizzazioni corali distorte e larvali, e funebri pulsazioni percussive.
Non certo un sound di facile ascolto, ma evocativo del perturbante inferno di Lady in Gold.