Il quartetto californiano dei
Late Night Union spacca le immagini del classic rock, la bassa definizione è abilmente ricercata, sperimentata, diventa un'estetica consapevole nell’iniziale
Mountain: in partenza nitide, per poi estrarre durante 7 intensi minuti la grana che a loro interessa, producendo una serie di quadri 'puntillisti' in movimento, fino ad arrivare alla soglia della decifrabilità, come a volere entrare nell'origine del rock, al punto originario, e trasformarlo in silhouette dinamiche, ricolorate, distorte, mutevoli in
Connections.
La chitarra di Steve Ray (nome che non ammette alibi) e la profonda voce di Christian Erik cambiano i colori del rock, si spengono con facilità ma allo stesso modo tornano a bruciare e restano la componente essenziale sia di
Life On Hold e
Can't Quit, la deliziosa ballata di
Beautiful Eyes, e ci riprovano con un diverso procedimento in
Drinking,
Doin' Summertime riuscendo a non far sbiadire Connections.
I Late Night Union producono in speciale sintonia con il rock, fissando fuggevolmente la flagranza della ballata (
The Train) e, con insistenza, trovando spasmi tormentosi che portino a pulsare
Whiskey,
Down And Out e
Learning To Love.
Come in una doppia partitura temporale, Connections tesse disfa e ritesse - a volte ripetendosi da angolazione e distanza diverse - i ricordi del classic rock fino a farne la sottotrama del presente dei Late Night Union.