ROBIN TROWER (Where You Are Going To)
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  Recensione del  06/05/2016
    

Robin Trower da quattro decadi sulla scena rock mondiale, la sua arte si è formata pian piano, salendo le scale, gradino per gradino, in un processo di maturazione graduale, prima chitarrista dei Procol Harum, anni ’70, poi la carriera solista, blues rock e una ‘psychedelic Fender’ tra le mani.
Where You Are Going To è il 21esimo disco, mostra la sua struttura interna da When Will the Next Blow Fall, svela in modo libero e non preordinato il “brodo primordiale” dal quale quasi magicamente sgorgano Where You Are Going To, Jigsaw e una We Will Be Together Someday che è la più diretta continuazione di Something’s About to Change dello scorso anno (ri-ascoltate Strange Love o Gold to Grey, per averne un’idea), la chitarra occupa sempre più prepotentemente Where You Are Going To fino a diventare, di fatto, la protagonista nelle acide Back Where You Belong e The Fruits of Your Desire.
A 71 anni si può dire che in Robin Trower restino ancora tracce dell'effetto Jimi Hendrix.
Hendrix è stato il primo musicista del Novecento che ha suonato la corrente elettrica invece di suonare uno strumento: la chitarra era solo un mezzo di passaggio che gli permetteva di suonare la corrente elettrica, così I'm Holding On to You, Ain't No Use to Worry, In Too Deep e Delusion Sweet Delusion affermano che 'quella forma è si sostanza', ma anche sperimentazione quanto sostanza, calore, emozione e Robin Trower innesca un dominio perfetto della forma in Where You Are Going To, fatto della (e dalla) superficie del blues.