Tra Amarillo e Lubbock lo sfondo texano si apre su un poema visivo accarezzato da nuvole basse e dal sole radente in un delicato intreccio di dissolvenze, ispira e romanza il disco dei
Flatland Cavalry: “
Easy on the ears, heavy on the heart” la lettera di presentazione del loro esordio
Humble Folks.
La voce del songwriter Cleto Cordero e la violinista Laura Jane tracciano i percorsi della ballata iniziale
One I Want, e sembra proprio che siamo difronte al ritorno massiccio di un interessante e multiforme stile texano, il ritmo ben dosato in
A Good Memory,
Traveler’s Song e
February Snow risponde alla volontà dei Flatland Cavalry di affermarlo e inseguendo tale intento costruisce da sé filtri e punti di riferimento, i sentimenti lasciano interessanti spazi allo sviluppo melodico nell’interessante
Tall City Blues.
Come a dire riconosciamo un modo scanzonato e poetico, debitore della florida tradizione cantautorale texana,
Coyote (The Ballad of Roy Johnson) [con la partecipazione di William Clark Green] si ammanta di una luce fredda e straniante in ogni singolo strumento, accentuando una modalità priva di direzioni con cui la chitarra elettrica inizia a seguire i movimenti dei Flatland Cavalry tra
Devil off My Back e
Stompin’ Grounds.
Anche quando talvolta viene fiaccato da forme esili o imperfette in
Goodbye Kiss e
A Life Where We Work Out (cantata con Kaitlin Butts), Humble Folks non si annacqua o si edulcora, perdendosi via, ma nel giusto compiacimento della
Title track, metafora di un etica ed epica narrativa che da decenni attraversa come un fiume carsico il Texas.