1969s (There's Where The Vultures Live)
Discografia border=Pelle

     

  

  Recensione del  18/02/2016


    

La parentesi Janky non resta una cartolina fuori campo nella vita di Scott Lindsey, ritorna sulle sponde del Mississippi Delta blues e va a rafforzare il quartetto di Dallas dei The 1969s con un turbinio di chitarre discendenti e senza tempo dove l’armonica tenta continuamente di farsi largo e luce all'interno di un universo sonoro magmatico.
Uno spettrale lavorìo delle più diverse fonti del blues abbraccia As Far As I Can Tell, nelle quali fra accese percussioni si alza la voce di Scott Lindsey, l’armonica scava la melodia di On My Way Down e I Am The Road, il colore del delta blues che brucia come acido e riempie lo spazio di Just This Side Of There, un esoscheletro assorbente che tiene insieme l’immagine liquida di There’s Where The Vultures Live.
Un mare agitato su cui si muovono Kickin' Over My Stove e Back Where I Am From, con un concentrato di chitarre, brillanti e taglienti, intorno alle quali il viaggio liquido del colore del delta blues continua a scorrere imperterrito, le secche della ripetizione in There's Where The Vultures Live e Blues Box al contrario di quello che potrebbe sembrare, sono il punto di forza dei The 1969s che con indovinati e ruvidi guizzi provocano un graduale scivolamento, un lento inesorabile risucchio, verso un torbido blues/rock, quello di Oblivious Girl.
L’armonica sposta masse d'acqua del Mississippi e avvolgono Noodlin' Life, difficile cercare di nuotare via da There’s Where The Vultures Live anche nel finale, This Is My Boomstick, Butta Knife e It Ain't So Good, But It Ain't Bad continuano a esplorare un clima arroventato e angosciante.
La terra bruciata che si sono lasciati alle spalle i The 1969s, continua a sgorgare i suoi strani frutti.