Dallas Moore è un ‘American Outlaw’, è un personaggio mitopoietico: nei suoi dischi (ben 9, è da 20 anni sulla breccia) convergono l'irrudicibilità dell'eroe solitario ed errante del western, l'anelito libertario e anticonformista del road-movie degli anni Sessanta-Settanta alla Waylon Jennings & David Allan Coe, il mito nostalgico e struggente dell'artista consumato dalla musica e dalla vita e il fatalismo della 'seconda occasione' che si insegue per trovare una possibile redenzione.
Dark Horse Rider è dedicato all’amico singer/songwriter Wayne Mills, tragicamente ucciso per un banale alterco in un bar di Nashville nel 2013, Dallas Moore e band (spiccano la chitarra di Chuck Morpurgo e l’armonica di Mike Owens) fin dalle corpose
Bottle And A Bible e
Raisin' Hell And Slingin' Gravel setacciano l'inconfondibile paesaggio naturale e umano della provincia texana: le enormi distese pianeggianti, le strade che si perdono all'orizzonte, le città arse dal sole, le anonime camere dei motel, l'effimero calore notturno dei bar dove affondare la malinconia di struggenti ballate elettro-acustiche, perle come
Can't Get Over You e
When You Come Around.
Un mix di selvaggio country, rock sudista & alcolici honky tonks risalta in
Ridin' High,
Faster e
Beats All I've Ever Seen al pari della sua voce ruvida e profonda, contribuiscono in maniera determinante alla sostanza di Dark Horse Rider, storie autentiche, disserta i toni del dramma e dona a
Trash un tocco che sa di commedia, spazia da gustose quanto obbligate citazioni alla tradizione con
Up On That Mountain ad atmosfere sofisticatamente crepuscolari nei 7 chitarristici minuti finali di
Dark Horse Rider.
Salta in sella e via. “
The only time I’m really alone and can think is when I ride my bike or out on my tractor mowing the lawn. I’ll get melodies in my head, and when I come in, I write them down, get a guitar and put music to it. That’s what works for me. That’s how every one of those songs came about.”
Funziona, Dallas Moore. Funziona!