NEIL YOUNG + PROMISE OF THE REAL (The Monsanto Years)
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  Recensione del  09/09/2015


    

La Monsanto, la multinazionale di biotecnologie agroalimentari, è la cornice sulla quale Neil Young apre e chiude The Monsanto Years, 36esimo disco inciso insieme ai Promise of the Real, la band dei figli di Willie Nelson (Lukas e Micah).
9 tracce che caricano campagne ricoperte da ‘masse informi di residui’, i pesticidi, l’universo degli OGM, organismi geneticamente modificati, ‘farina’ del sacco della Monsanto, futuro dell’agricoltura che per alcune fattorie e solo produrre, produrre in grande quantità, mentre il veleno che generano inquina la terra, e l’attivista Neil Young lo canta da It’s a New Day for Love, bagnata da corpi di personaggi assetati e sporchi di scorie, mentre le chitarre stridono e conducono nelle profondità del sogno Americano e del suo inconscio, con immersioni rigeneranti e liberatori vascelli metaforici in un sano rock a stelle e strisce.
Madre Natura e Dio da una parte, la Monsanto dall’altra, l’armonica in Wolf Moon cattura l'interesse emotivo dell'ascoltatore, rimane costantemente concentrato, fino a quando il baricentro - attivo e passivo – delle chitarre, lo potenziano, prima i 6 minuti di People Want To Hear About Love e poi gli 8 minuti di Big Box.
Alle soglie dei 70 anni, Neil Young trova nei ragazzi di Willie Nelson l’appoggio per un rock duro e arrabbiato, la splendida Workin' Man coglie l'occasione di colmare lo scollamento tra la gente e la politica, l’armonica tra spiritate chitarre è come un raggio di sole che a poco a poco entra in una casa buia e illumina una pianticella, ridandole vita, e nel mezzo, ecco parentesi riflessive deliziose come A Rock Star Bucks a Coffee Shop dove canta “I want a cup of coffee / But I don’t want a GMO / I’d like to start my day off / Without helpin’ Monsanto” o Rules Of Change, in bilico fra l'appartenenza a un sistema di potere e le forze della negazione.
Neil Young + Promise of Real scavano profondamente in Monsanto Years, altri 8 minuti dove indugiano brillantemente su pochi dettagli, entrano nelle pieghe più insignificanti delle cose, scavando e perlustrando la terra dove far emergere la sua essenza più profonda, politica, un mondo intossicato con If I Don't Know a sfiorare la retorica, ma le chitarre dai colori acidi la spostano verso una deriva più a effetto.
Neil Young vuole solo regalarci un disco che deve essere anche viscerale, non soltanto politico.