PAKE ROSSI (Twisted in the Vine)
Discografia border=Pelle

     

  

  Recensione del  09/09/2015


    

Il valore dei primi due dischi -For All That It's Worth (2010) e Mercy Of The Mountain (2013)- sta nel suo offrirsi come tessera di un'esperienza più ampia: come segmento di una sequenza che è partita altrove e che finirà di certo in giro per il South Texas.
L’idea alla base di Twisted In The Vine è la stessa, semplice, si parla della scelte di vita e delle conseguenze che esse comportano, “So brothers”, spiega Pake Rossi, “keep in mind, there's nothing finer than flyin' free but just 'cause you're twisted in the vine, it don't mean you're not where you should be”, ecco, Twisted in the Vine è l'insieme di tutte le risposte che si sono accumulate nel tempo intorno a quell’itinerario.
Il destino di Pake Rossi ci appartiene, musica legata alle radici folk texane, teatro del tempo sospeso, dalla bellezza malinconica e severa in Feather Song -introspettiva come l’iniziale Breaking Down- ma pian piano si aprono a una strumentazione varia e ricca, le steel guitars le fonti luminose degli interni di Twisted In The Vine.
Scolpiscono Hungry Moon, illuminano Lilly of the Valley e Big Diamond dove l’armonica e pronta ad organizzare anche lo spazio di Jailbird e Bethann's Blues, riuscendo a sviluppare una connessione corpo-luogo con il blues e splendidamente amalgamato al rock in No Time At All e Three Good Sisters, con panoramiche a profusione sulle chitarre, per un paio di ralenti, di ‘freeze’ di spessore.
Si respira Texas, da ballate preziose come Empty Cupbords, sale il valore della pedal steel, un'unica inviolabile luce pervade ogni piano del ritmo avvolgente di una deliziosa Kate Marie, in modo che tutti gli strumenti risultino sempre e contemporaneamente, a fuoco, da quelli in primissimo piano a quelli in profondità di campo.
Chiude il racconto in solitaria di String Bean Betty and the Dreamer, come in un microcosmo impermeabile verso l'esterno, ma ritorna tutto in Twisted In The Vine.