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Il rock vive in un presente senza tempo, a sentire questi ragazzi inglesi, in
Fake Gangster Man la dimensione diacronica è bandita.
Chitarre che si perdono in un passato per la verità nemmeno troppo lontano penetrano ed erodono
Same Old Conversation, l’armonica argina
Bad Man mentre le chitarre giocano allo spasimo con una pioggia di scintille bluesy che popolano
Bad Trip Tent.
Non male le acrobazie elettriche di
Gav Hamilton And The Jayhawkers, rapide e perfette, ma anche traiettorie inusitate dall’abbagliante ballata di
The Call a
Staring At The Wall, se i muri del rock diventano molli, i tunnel scavati dalla chitarra permettono alla melodia di andare su e giù come un pendolo, e lo sguardo di Gav Hamilton & The Jayhawkers si fa oscillante, quasi malinconico, nella luce amorevole di questi ficcanti inserti.
Questa visione sull'orizzonte di Fake Gangster Man si dimostra uno dei punti di forza di tutto il disco, sulle linee di confine del rock,
Go Home si ritaglia inedite prospettive, ma è da seguire con passione e da giudicare assai positivamente anche nel finale (
Need To Try, la rovente
Something Going Down e tra le punte orchestrali di
Standing On Your Own) dove la dimensione performativa di Gav Hamilton & The Jayhawkers diventa un blocco unico di suono e aura nobile di un amore per il rock che viaggia superiore a tutto.