STATESBORO REVUE (Jukehouse Revival)
Discografia border=Pelle

     

  Recensione del  09/09/2015
    

Come declamava il folgorante esordio, ‘Different Kind of Light’ continua a illuminare la texas band dei The Statesboro Revue, la fa sobbalzare, l'espressione di uno sguardo rivolto al Texas che sembra eterno e che ancora pronto a dischiudere un ricco mondo interiore.
Co-prodotto con Gordy Quist e Scott Davis (Band of Heathens) Jukehouse Revival celebra cose semplici, ma le decompone pezzo per pezzo, la vita, l’amore, e con defatigante lentezza tutti gli elementi di un lavorare duro al ritmo di uno ‘swampy honky-tonk’ dalle radici sudiste.
Reminiscenze rock, blues impastate di country si affacciano da Bedroom Floor nella chitarra del fratello Garrett, l’idea di Stewart Mann è chiara: “The sound in my mind for this record was like an old school juke joint, like ‘Every Town’ and ‘Tallahassee’ (brano delizioso, scritto con Adam Hood, n.d.C.). I put myself in that place and pictured what those songs would have been like if they were written in the 50s, 60s or 70s, where they would have been played and who would have come to the shows.
Poi la The Statesboro Revue è capace di distendersi sui lirici pedali del rock, semplice ma efficace l'uso di voci e chitarre distorte elettronicamente su un arabesco di strumenti (pianoforte, steel guitars, banjo) in un disegno melodico per Undone davvero accattivante pensando alla ripetitiva giornata d’ufficio dalle 9 alle 5.
L’hammond o il piano plasmano il brillante lavoro di Garrett Mann alla chitarra in Roll on Mama, Honkytonkin e Like the Sound (che si ripete nella ballata di Count on Me) la The Statesboro Revue non perde smalto nemmeno nel finale di Jukehouse Revival, pronti a rinnovare e ad affinare una indubbia capacità per la melodia (Satisfied, la malinconica Go Down Slow, il banjo e la fisarmonica nell’accorata ballata finale di Last Ramble).
Il forziere-The Statesboro Revue è così: una scatola magica dove si trova di tutto, e praticamente priva di fondo.