ROBERT JON & THE WRECK (Glory Bound)
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  Recensione del  30/05/2015


    

Folgorante EP nel 2013, Rhythm of the Road, e infatti sulla strada sono finiti a rincorrere sogni, ma Robert Jon & the Wreck sanno come starci sull’asfalto e passare su di essa il tempo necessario a trarne una spinta sufficiente per finire altrove.
L’altrove è Glory Bound.
Hanno vinto il ‘Best Live Band’ al the 2013 Orange County Music Awards, con nominations nelle categorie ‘Best Rock’ e ‘Best Blues’, un quintetto di matrice sudista attaccato alle raspose chitarre di Kristopher Butcher e del vocalist Robert Jon Burrison.
Glory Bound non è un passatempo per outsider nostalgici, la carica di The Devil Is Your Only Friend porta alla luce un ruvido blues&rock fatto di linee tracciate nello spazio dai movimenti alle chitarre, vigorose anche in Blame It On The Whiskey e When I Die.
La traccia esplicita del processo che custodisce il cuore e il significato di Glory Bound, ma l’uso del pianoforte evocato fuori campo, e proprio per questo spazio sempre più incombente, nella brillante ballata di Mary Anne ha densi colori autunnali, dove la melodia è come una foglia sull'albero a Ottobre.
Oscilla come il suono dei Robert Jon & the Wreck, trovano il modo di dosare il rock dai rimandi anni 70’ col ‘soul’ in Cold Night, e i confini sono incerti, labili nella poderosa Steppin' e rivestono Georgia Mud (presente sull’Ep) con un nuovo e accattivante vestito.
Glory Bound è un vortice sonoro segnato da un mare che cattura, avvolge l’ascoltatore con Let Her Go, Gypsy Of Love e i 6 minuti della Title-track, e da ogni lato lo rigirate, Robert Jon & the Wreck lo immergono in un paesaggio sonoro in cui entrano storie e sogni ma in cui la realtà è il passato del rock.