L’honky tonker
Whitey Morgan e la band
The 78’s scelgono El Paso, TX per il nuovo disco
Sonic Ranch, in uno studio di registrazione particolare, enorme come lo spazio che lo circonda su 3.000 acri nel mezzo del nulla.
“
I hate the studio, but I didn’t hate this studio. I didn’t feel like I was in this studio because I could leave and walk out the studio and be forty feet to my front door and it’s just me”.
Whitey Morgan scrive solo 4 delle 10 canzoni di Sonic Ranch, il resto sono covers (ma ribaltate completamente in uno scenario da fuorilegge) e nuove versioni incise con i 78’s, ma conta poco, Sonic Ranch è un vero disco country, dove dramma e ironia si compenetrano sfidando e sfiorando gli eccessi, dove l’alcol serve a scavare tra peccati ed espiazione.
La versione di
Me and the Whiskey (dei
The Damn Quails), affonda le steel guitars tra Dio, una madre, la cocaina e il whiskey, servono a preparare il campo di Sonic Ranch: altra pregevole storia di un ‘drinking man’ è
Low Down on the Backstreets, splendida la
Waitin' 'Round to Die di
Townes Van Zandt come la rilettura di
Still Drunk, Still Crazy, Still Blue di
Scott H. Biram.
Calate in ‘smokiest barroom’ segnano le tappe di Sonic Ranch in un alternarsi di delusioni e vie crucis, tutte codificabili nella memoria di Whitey Morgan e tutte ravvisate in un canovaccio standard, l’amato Whiskey, utile all’uomo di
Leavin' Again per dimenticare la sua donna o per riflettere in
Good Timin' Man o per cercare redenzione a un prete nella fiammante bellezza acustica di
Drunken Nights in the City.
Il ruolo di sfondo di
Goin' Down Rocking e
Ain't Gonna Take It Anymore è affidato alle steel guitars, con tutti gli approfondimenti ruvidi che meritano, e con una chiusura speciale,
That's How I Got to Memphis di
Bobby Bare dove le parole trovano nella dilatazione ipnotica del tempo la loro dimensione.
Badass Country Songs!