William Elliott Whitmore non si allontana dal Sud degli Stati Uniti, resta in fattoria, lo spirito e i messaggi emozionali, scuri e pieni di tristezza costruiti intorno al banjo restano immutati ma è il bilanciamento con il rock che in
Radium Death cresce di livello:
“
I purposefully went into it wanting to make a little bit of a departure, sonically, using an electric guitar a little bit more and adding more instrumentation, more full-band type stuff”.
I suoni di
Healing to Do sembrano provenire da profondità insondabili dell'animo, lì dove il banjo è di casa, sorregge la bellezza di
Can’t Go Back e
Civilizations e di idee personali di libertà e fraternità, ma Radium Death è ricco di sorprese e di angolazioni non proprio inedite, ma lasciano il segno brani come
Trouble in Your Heart e
Have Mercy.
William Elliott Whitmore sa anche accelerare improvvisamente il cuore dell'ascoltatore in
Don’t Strike Me Down, ponendogli lucidi e accattivanti dilemmi in
A Thousand Deaths,
South Lee County Brew e
Go on Home, e solo con una chitarra tra le mani.
Brani che implicano la sosta in profondità, la riflessione in apnea nei meandri e cunicoli di
Ain’t Gone Yet sottolineata da note musicali e accordi distorti dal rock, dove William Elliott Whitmore infila granelli di sospetto dentro la linearità di un semplice concetto: “
I’ll be gone someday, but not quite yet.”
Radium Death, per non confondersi con la mediocrità altrui.