GURF MORLIX (Eatin' At Me)
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  Recensione del  21/03/2015


    

Gurf Morlix è nato nei sobborghi di Buffalo, il canovaccio che apparenta la maschera della splendida ballata che apre Eatin’ at Me.
Siamo dentro al passato e non lo guarda con gli occhi, con la mente e con le immagini di oggi, ma con la bassa definizione di allora: come se fosse là, e non sapesse come andranno le cose nella vita di un musicista intorno al 1970.
Il passo malinconico di Dirty Old Buffalo non dimentica l'apertura verso l'esterno, quel cosmopolitismo d'immagini, musica e sentimento della metafora positiva di Grab the Wheel, un approccio tra vite e arte che Gurf Morlix piace ricercare: “I once spent an entire afternoon at the Van Gogh Museum in Amsterdam. I thought were the ones that transcended time and space, thinking about how the mixes of my songs, and the sound of the albums I produce, could somehow represent the depth I found in those works of art. I'm not sure I have approached this level of art, but I'm trying as hard as i can. This is how much I think about all of this.”
Eatin’ at Me è un’altra sontuosa scultura sonora incastonata su pochi temi elementari caricati di un'epicità ‘old fashioned’, che guarda astutamente a più fonti, ma pronto anche ad autocitarsi.
Magnetica bellezza quella di Elephant's Graveyard, Born in Lackawanna e Orphan Tears, la ricerca della melodia, chitarre sempre sostenute da una percussione lenta ma pulsante in Dinah e in The Dog I Am, con occhi bluesy ai lati di un ‘muso canino’, esili fessure con un barlume di vita, ma anche spie inquietanti.
Poco sentimentalismo non implica, però, quello del sentimento, della rappresentazione di come i personaggi delle storie di Eatin’ at Me, vivono e sentono le gioie e i drammi della vita, primo fra tutti quello dell’ineluttabilità della vita e del suo lento e inarrestabile incedere per il musicista di 50 Years, tappe di un percorso che si rivela essere circolare e il cui punto di arrivo corrisponde a quello di partenza tra la brillante Last Call e Blue Smoke.
Come il cineasta Franco Piavoli nel bellissimo Voci nel Tempo (annata 1996) invitava a rimirare proprio lo svolgersi, lo scorrere poetico delle età dell'uomo in un rapporto simbiotico con il passare oggettivo del tempo, Gurf Morlix lo delimita, lo localizza in una situazione specifica della sua vita, ed Eatin’ at Me diventa energia libera e fluida.