CODY JINKS (Adobe Sessions)
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  Recensione del  21/03/2015
    

Al quarto disco il songwriter di Ft. Worth riesce a fare del proprio passato un influente archivio, e senza chiuderlo nella propria memoria, lo supera con Adobe Sessions.
Cody Jinks è il Texas country, punto.
La solida What Else Is New rivela una costruzione estremamente calibrata, leggibile non solo nella chiusura circolare della steel guitar, alla rurale prospettiva della vita di un Countryman, Cody Jinks indica un'altra strada, propone un'alternativa, rinchiude Adobe Sessions dentro una scrittura, uno stile, i cui contorni non sono sempre ben definibili.
Ballate elettriche di spessore, voce sublime capace di veicolare e raccontare attraverso lo specchio del presente, brandelli di storia passata in Mamma Song, dedicata alla madre (al fatto di come lo abbia sempre appoggiato nella buona e cattiva sorte) un brano che spalleggia Birds, dove parla della vita con un uomo anziano, presumibilmente il Padre.
Splendida Cast No Stones, brano cupo e forte nel confronto fra l’uomo, una concezione religiosa del mondo (dove la reversibilità è sostituita dalla Provvidenza, meccanismo deterministico preposto al non accadimento di eventi che eccedono il libero arbitrio) e una concezione atea (dove il Destino è un altro nome del Caos).
Loud And Heavy e Ready For The Times To Get Better si nutrono della circolarità delle steel guitars (a loro modo ripetitive, e non è un peccato), qualche degna ‘love song’ (We’re Gonna Dance, aggiunge il violino nei cuori tormentati di Me or You), ma per lo più tra Dirt, Folks e David è la realtà a dettare lo sfondo che deve essere mosso, a volte scosso dalla tragedia, scrollato dall'evidenza quando Cody Jinks canta “I don’t need that whiskey anymore” nella conclusiva Rock And Roll.
Accesa e temporalmente stratificata, senza spegnerla e senza appiattirne la profondità.
Lontano da una deambulazione ubriaca, a piedi nella polvere delle strade povere del Texas.