La mano sinistra di Creed Fisher sul cuore di un fuorilegge mentre la destra stringe la chitarra come una pistola, il manifesto per rappresentare questa legnosa ’outlaw bad boys band’, appiccicato al territorio texano che a sua volta si mette in scena.
Talento genuino dal West Texas al secondo disco,
Ain’t Scared to Bleed torna a scavare, fino a svelare, le corde di un virile texas rock, non le spiega ma le interroga, e partono in quarta
Creed Fisher And the Redneck Nation Band, in
I Wanna Be Like Waylon e
Ain't Scared To Bleed la cornice è una sola, il cupo stridere delle chitarre isola e 'acceca' le immagini di storie semplici, ma rese totalmente libere rispetto a un'artificiosa collocazione da rock-country radiofonico.
Gli scarti acustici nell’intro di
All These Songs I Wrote permettono alla Redneck Nation band di aprirsi, di colpo, allargandone il campo per svelare un sound deciso, pochi fronzoli, dritti al sodo, e tante chitarre,
When You Come To Take Mine,
Just A Buncha' Rednecks e
God Understands, cozzano e si schiantano nel contrasto tra il frusciare fluente di bottiglie di Whiskey in
A Drink And A Kevin Fowler Song e l’armonico abbinamento con i miti da Western movie nella intensa ballata di
I Miss John Wayne.
Ruvidi paesaggi sudisti dagli ampi orizzonti in
Son Of The Southland,
To Do What I Do e
One To Walk The Line e tra le nuvole bianche texane, spazi di pensiero alquanto espliciti in
Kiss My Rebel Ass, e riuscendo a non sfocare Ain’t Scared to Bleed.
‘Letteratura’ dalle polverose strade del Texas disinfettata da ogni implicazione sociale e politica.