Compassion, struggente ballata scritta intorno ad un poema del padre, nonché mentore, Miller Williams, è un brano circolare, il tempo è sospeso e il ritmo ipnotico-sognante: si parte da un luogo e vi si fa ritorno, un brano capace di misurare l’esatto grado di separazione tra l'anima dell'essere umano e l’opacità sfuggente della consapevolezza che
Lucinda Williams va a descrivere nel doppio album
Down Where the Spirit Meets the Bone.
Da schizzo appena tracciato sulla carta della malinconia si passa ad un abbozzo più elaborato, a un quadro a colori sulla tela del blues, dove la sintattica asciuttezza delle liriche, fra il disincanto del quotidiano, s’inoltra alla ricerca di nuovi abissi, a esplorare altre profondità. 20 canzoni, Down Where the Spirit Meets the Bone è un disco orizzontale, si svolge lungo un’autostrada di chitarre, salgono in verticale in
Protection e
Burning Bridges, ritmato dall’incessante movimento tra l’alto e il basso della vita, la ballata
East Side of Town esibisce i criteri della sua stessa giudicabilità, in quanto lancia segnali sul tipo di operazione politica che va compiendo (sembra collegarsi ai recenti, tragici accadimenti di Ferguson, in Missouri).
Cupo anche il bluesy
West Memphis, l’armonica segue idee di protesta, nascono, crescono, scoppiano e poi nuovamente trovano un equilibrio nella splendida
Cold Day in Hell, costruita sul volto della speranza e sulla tagliente densità della chitarra. Microstorie incastonate frammezzo ai segmenti di più largo e disteso respiro (
Foolishness e
It's Gonna Rain), si liberano fra gli esili interludi di
Wrong Number e
Stand Right By Each Other e popolano anche il 2°cd. Lucinda Williams le usa insieme alle chitarre come antidoto alla crisi economica e sociale che tortura il mondo, ma anche balsamo per le ferite in
Something Wicked This Way Comes e
When I Look at the World, con il pianoforte a rendere magica
Big Mess. Down Where the Spirit Meets the Bone lavora molto bene nelle smagliature controllate dei ritmi di
Walk On,
Stowaway in Your Heart e
Everything But the Truth, blocchi di forze contrapposte operano in un’altra perla,
Temporary Nature (Of Any Precious Thing) a disarticolare tre piani -ritmo, cuore, mente- attraverso cui Lucinda Williams le ripensa nelle coordinate del pianoforte.
Riuscita la declinazione poetica di un progetto razionale, la scoperta di un baricentro su cui poggiano schegge country in
This Old Heartache, per recuperare l'equilibrio di Down Where the Spirit Meets the Bone negli ultimi intensi 15 minuti: un momento d’intimità,
One More Day dove i suoi gesti alla chitarra, solitamenti svelti, ampi e sicuri, rallentano, vacillano e non vanno fuori bersaglio con la cover di JJ Cale,
Magnolia. Lucinda Williams ci insegna come Down Where the Spirit Meets the Bone possa abitarci a lungo. Riascoltarlo può riservare sorprese ed emozioni nuove e sconosciute al primo incontro.