Plain Spoken procede per scorci, piccoli nuclei narrativi lungo la vita di
John Mellencamp (“
At my age, I'm not inspired by younger artists. My inspiration comes from Steinbeck, Hawthorne, Shakespeare, Tennessee Williams”) segmenti, angolazioni, per l’appunto capitoli autonomi ma suscettibili di combinazioni, inferenze, interazioni tra acustico ed elettrico, si susseguono, si avvicendano, si intrecciano immediatamente tra
Troubled Man e
Sometimes There's God.
È un Mellencamp riflessivo, dà voce a una vita ‘on the rock and roll road’, molto vario, amore, problemi del mondo e la politica, da addolcire col violino in
Freedom Of Speech e poi da ribaltare con un sorriso amaro nel finale di
Lawless Times. L’armonica nelle sfavillanti
The Isolation Of Mister e
Tears In Vain, così ricca che tende ad alimentarsi di sé e da sé lungo storie di uomini/amori perduti, bilanciata dallo stridere della steel guitar e ci fa capire che dobbiamo pensare a Plain Spoken in termini di ‘struttura aperta’.
Uno e l’altro, l’elettrico gioca in
The Brass Ring e
Blue Charlotte con le influenze folk/country di
The Company Of Cowards e
The Courtesy Of Kings, secondo un equilibrio che non smussa le asprezze di Plain Spoken né indulge a generose semplificazioni, si riconoscono e si fiutano tra loro e soprattutto cercano altrove parentele e ispirazione. Lo ammetto, Plain Spoken mi ha coinvolto subito, come uno sguardo attraente nel quale è bello perdersi.