“I
had been writing a lot of songs toward the end of last year and went up to Nashville to visit my manager, Ben Ewing,” spiega
Brandon Jenkins. “
He had arranged an acoustic show for me and I played for a few industry folks and a couple of my fans, performing the all new material that no one had ever heard but me. We recorded the show listened back the next day. Ben suggested I do an acoustic solo album. I said when and he said now.”
In
I Stand Alone, voce, chitarra e armonica si nutrono con efficacia in un lavoro così purificato e semplificato, da assumere la valenza di uno scarto prospettico dietro il quale sembra celarsi un repertorio di frammenti autobiografici in grado di funzionare da ‘base’ per le ‘morbide’
Get Down in the Mud e
Watch the Deal Go Down.
Tra la dolce armonica di
Make up Some Time,
Burned by the Flame,
Perfect World e
Haunted scorre il peso specifico della vita per capire cosa conta davvero, se la ricchezza materiale, il potere, l'ambizione o la capacità di viverla nel migliore dei modi possibili, la nostra esistenza. Dando importanza alle piccole cose,
Good Home Cookin’, capaci di farcela sorseggiare con sentimento tra
Until December,
Leave This Town e
This Road I Travel, consci cioè della fatalità del suo scorrere in
Keep on Runnin’, ma anche della necessità di goderla giorno per giorno in sintonia con le proprie, personali, inclinazioni che nella splendida conclusione di
The River si accompagnano con la nostalgia per la bellezza che l’uomo (Brandon Jenkins) è capace di dipingere sulle cose e su I Stand Alone.