La cronaca urbana per estrarne quei frammenti di verità che trovano il loro posto privilegiato in
Raven Hotel, al terzo disco si torna ai paesaggi illustrati all’esordio di
Tips & Compliments, quel concetto ha fatto scattare in
Matt Harlan l’idea brillante di ristrutturare e riarredare trame consolidate, un vagabondaggio alla
T.S. Eliot nell’avvio di Raven Hotel di un
‘drunken troubadour’ abile a costruirsi una serie di schermi nel rapporto coi figli che lo riparino, il banjo e il violino della delicata
Old Spanish Moss dissolvono cupi sfondi familiari per aprire ai toni caldi di una texana solarità in
Second Gear, far parlare la strada in
Half Developed Song, dar vita alla forma dei sentimenti nel tempo della lap steel.
Il piano e la voce di
Rachel Jones plasmano la malinconia di
Riding With The Wind, il genere umano è incapace di godere del presente, di capirlo e amarlo, se non quando è ormai passato e irrecuperabile, e dunque di poterlo amare solo rimpiangendolo, in forma di sentimentalismo nostalgico in
Raven Hotel che sfocia dalla tumultuosa relazione di
We Never Met (Time Machine) e della splendida
Old Allen Road. Ma esiste anche il tempo di
Rock & Roll dove le chitarre elettriche entrano ad asciugare, negare, smontare, trascendere la narrazione di Matt Harlan con melodie espressive tra i chiaroscuri di
The Optimist e quando si aggiunge l’armonica di Mickey Raphael a illuminare
Slow Moving Train.
Insomma, la società è indifferente, il mondo degli adulti assume le sembianze di un mostruoso dio Saturno, non resta allora, spesso, che la fuga, nel sogno, nell’immaginazione sulla strada di
Rearview Display. Auguratevi di ‘inciampare’ in Raven Hotel, un disco capace di dare un volto e uno spessore emotivo alle parole con cui ci balocchiamo nel salotto di casa.