TOM OVANS (Last Day on Earth)
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  Recensione del  21/05/2014
    

Il songwriter di Boston si è trasferito ad Austin, Tx, da una decina di anni e continua a restare ai margini del music business, lo riprova il testamento di Last Day on Earth: 2 cd, 34 canzoni, slide guitar, lap steel, mandolino ed armonica. Tom Ovans si confronta con l’ipnotica paranoia di un vuoto più ingombrante che mai, continuando a scavare furiosamente nel cuore della disperazione umana dove si aprono voragini poetiche su una superficie prima elettrica e poi acustica come il suo mentore Bob Dylan, non è più in grado di solcare.
Lo sfondo resta la strada dove ha vissuto da homeless in un periodo della vita e lo ha visto cambiare un lavoro dopo l’altro, viaggiare in lungo e in largo per gli States, due le carreggiate da percorrere, promesse di tempi migliori e dove il verde si mischia ad una vita artificiale. Last Day on Earth è come un lungo bagno di colore (rosso morboso, bianco intellettuale, verde illusione...) in cui si naufraga volentieri, Tom Ovans non può che iniziare a macinare chilometri con Roll On, scavare l’Highway con le luci taglienti di A Good Kid e la fedele armonica di King James Highway, tappeti sonori distorti e musiche che sono la quintessenza di Tom Ovans.
Una collezione di osservazioni su una miriade di esperienze di vita, a voi scegliere il percorso, si passa dal buio che sta dietro l’immagine di Where the Streetlights Glow e Except Me, della scintilla che brilla in Last Day on Earth e del vuoto che rende possibile tutto il pieno di War e Caroline. La storia del Blues viene come asciugata nell’avvio del secondo disco, depotenziata sulle sponde del Mississippi in Ramblin' Jack, Oh Mama (Gonna Get Around) e A Drink and a Car, accolgono il movimento dell’armonica invece di seguirlo o anticiparlo in un'altra gemma acustica, Going Down This Road.
La scansione timbrica alla lap steel resta dolorosa e tormentata, il racconto rarefatto al mandolino in If I Told You, Tom Ovans lascia che la sua personalità esploda silente ed inesorabile nei piccoli dettagli elettrici di On the Gold Coast, nelle rifiniture di viaggi, Unbound e Streets Of Rome, nella perfezione dell’amore quasi invisibile nella chiusura di Darlin'. Sotto le meravigliose e compunte ceneri di una forma acustica solo apparentemente incolore –desaturata, che lascia risaltare pochi e studiati elementi vibranti– bruciano in Last Day on Earth le braci roventi di un’energia emotiva e sentimentale trasmessa con rigore e passione.