Il trio di Nashville dopo 3 dischi cambia la prospettiva sul rock “
[We were listening to] big bands with a lot of members that would play for like an hour and a half in the ’70s,” spiega il bassista Wes Traylor. “
We wanted a live show like that” ma soprattutto sul country, quello legato alla strada e ispirato a fuorilegge senza fissa dimora. I
Natural Child diventano un quintetto, la pedal steel di Luke Schneider si affianca alle tastiere di Benny Divine ed entra tra
Out in the County e
Don't The Time Pass Quickly, un bel giretto all’indietro per un passato che sedimenta e partorisce
Dancin’ With Wolves.
Deliziosa la tappa tra cowboy, alcol e i riflessi malinconici di
Country Hippie Blues, fresco, diverso, libero, sempre uguale in
Firewater Liquor e sempre diverso in
Bailando Con Lobos, ma sotto quella inaspettata paludata eleganza i Natural Child lasciano che torni a serpeggiare nervoso e fremente il rock ‘n roll e un pastoso e intenso honky tonk. Funzionale in
Saturday Night Blues e nella ballata
Rounder, splendido il finale, da solo vale la spesa: piantano i picchetti lungo la strada della malinconia in
I'm Gonna Try, la pedal steel la solca come se fosse su un paesaggio solitario e desolato, il pianoforte e l’armonica si affiancano in
Nashville's A Groovy Little Town, sono forieri di emozioni, di spunti di riflessioni, di aperture illuminanti, necessari all’interno del viaggio al confine messicano di
Dancin’ With Wolves, la title track. La fisicità del paesaggio per ritornare, si direbbe, al peso dei corpi.