Lontano dai
The Black Crowes che il prossimo anno celebreranno – lo si spera- il 25° anniversario del gruppo dall’incisione dell’album Shake your Money Maker, con il terzo disco
Chris Robinson Brotherhood apre uno spiraglio alle voci di un periodo di stallo dovuta alla morte del padre lo scorso autunno. C’è spazio per nuove traiettorie psichedeliche in
Phosphorescent Harvest, la band (Neal Casal alle chitarre, Adam MacDougall alle tastiere, Mark Dutton al basso e George Sluppick alla batteria) espande l’amore per le reminiscenze del classic rock, della jam band, verso nuove direzioni in movimento continuo, una passione ancora forte che cambia di segno ad ogni alito di vento come sentenziano lo slancio di
Shore Power e
Badlands Here We Come e la riflessione che prende piede in
Meanwhile in the Gods e conquista
About a Stranger.
Chris Robinson Brotherhood non hanno uno schema, “
It's a guitar player's dream” spiega Neal Casal, con un crescendo elementare in
Clear Blue Sky & the Good Doctor e
Beggar's Moon, amaro e dolcissimo, con parentesi oniriche dove i neri non sono più impenetrabili. Phosphorescent Harvest si veste e si sveste con soluzione di continuità nelle splendide ballate di
Wanderer's Lament e
Tornado. Phosphorescent Harvest è come un illusione ma non ti fa vedere il trucco, e allora sei più che disposto a restare a bocca aperta.
Jump the Turnstiles nel finale, lo allontana verso la psichedelia venendo in pratica inghiottita dalle tastiere lasciando alla cupa
Burn Slow il compito di delimitarne i confini con una dissolvenza alle chitarre. Una fonte di luce oscurata come allegoria della fine di Phosphorescent Harvest.