Clay McClinton ha trovato i suoi spazi, non controlla più il Texas country e il rock ‘n’ roll, li lascia liberi, diventano troppo larghi o troppo stretti, ma indicano lo spazio che in
Bitin’ at the Bit sono pronti ad occupare. Prima collaborazione con il grammy produttore Gary Nicholson, prima volta di una cover del padre
Delbert McClinton, isola che si fa ponte, che comunica senza che il figlio perda la sua autonomia: “
My dad and I were trying to figure out a name for the album and I was so anxious for the CD to come out,” dice Clay .“
I told my dad, ‘I’m just bitin’ at the bit, I’m just chompin’ at the bit,’ and a light went off in my head and I said, ‘That’s the CD name.’”
Disco frammentario, ma un filo autoriale sempre presente da identificare decifrando i singoli brani, gli echi e le risonanze che derivano dall’alchimia degli accostamenti tra rock, sapori di confine e country made in Texas. Contrasti e sovrimpressioni che avvolgono e brillano in
Wildflowers, un tessuto sonoro che schiude a suon di chitarre
Stories We Can Tell e
Nobody Knows My Baby, con ulteriori livelli di senso e di evocazione di vita agreste negli allegri honky tonks (
Beer Joint e la paterna
Victim Of Life's Circumstances) e la malinconia di
Sound Of A Small Town.
Clay McClinton piega la facile seduzione della melodia all’intensa rarefazione delle chitarre e dell’hammond in
Just Dropped In, lancia
Bitin’ at the Bit nel travaglio delle voci off messicane in
Hydrated e
Poison Love, puro Tex-Mex ‘
made in Doug Sahm’ approfondito come dispositivo di linguaggio nella incantevole
Woman That Can't Be Explained e nelle covers, fulcro dell’azione di
What A Little Love Can Do e
Bound For Glory. Il battito cardiaco delle chitarre si adagiano sul ritmo messicano e consentono a
Clay McClinton di attraversare con disinvoltura le diverse tappe che compongono la storia di
Bitin’ at the Bit.