Pochi soldi e nessuna casa discografica dietro l’angolo nella piccola cittadina texana di Magnolia, coś Jonathan Clay e Zach Chance si sono rimboccati le maniche e con l’aiuto di amici tra Austin e Los Angeles, hanno pensato di incidere il loro disco nel selvaggio sfondo delle Wasatch Mountains, Utah: “
In a cabin for two weeks a record in a way that people used to do. Just sit around, live takes, no click track, no headphones, just playing music. We wanted to capture the energy of a live show and really nail the moments within the songs”, un’idea diventata la special guest del disco: “
It’s sort of moments from this cabin in Utah and you can hear the cabin on the record. So, that’s why we named it Utah. That cabin is the fifth member of the band for this record.”
La wilderness ispira il duo
Jamestown Revival, la superficie bucolica tessuta da
Fur Coat Blues nella straniata, iperreale location, trova i giusti bioritmi nella struttura nervosa del rock, colora il banjo di
California (Cast Iron Soul),
Jonathan Clay e
Zach Chance si muovono in
Heavy Heart,
Medicine e
Golden Age assorti nel loro universo intimo, ma con vie d’uscita intriganti in
Wandering Man, attraversano il tempo dell’esistere come fosse un terreno vago, sospeso sulla verità dei sentimenti ed emozioni da vivere diacronicamente nella solare bellezza di
Revival.
Le voci del duo in
Truth e
Headhunters si contorcono sullo sfondo delle slide guitars, pronunciate su un banjo solo accennato, ma sempre nuovo e quindi interessante, e senza strafare, togliendo un po’ di qua in
Time Is Gone, e aggiungendo un po’ là, nella bella
Home, in una ripetizione conclamata a far brillare in
Utah l’intervento effettivo della
Jamestown Revival.