I
Talmud Beach sono finlandesi, ad Helsinki vivono Petri Alanko e Aleksi Lukander, ragazzi particolari, il riferimento storico al ‘
Talmud’ non aggiunge -al contrario di quanto possa sembrare- la radicalità differenziale e l’autonomia di pensiero di uno dei più importanti libri del popolo ebraico, non si traducono banalmente in un intervento esibito e fastidioso sul copione di
Talmud Beach, lo spettacolo, giustamente, è sul blues, e il Mississippi è autosufficiente, dà ragionevolmente conto dei mali del mondo intero, al di là delle pareti domestiche occasionali.
In punta di piedi, la vocina di Mikko Hobo strega
Don't Mind a Little Rain come la slide guitar e i diavoli di
Sold My Hair e
City Lights, promettono le strumentali (
Klubilla e
Sweetissae, troppo effervescente
Aamulla Rautatiesasemalla) e l’armonica in
The Wizard,
Talmud Beach scivola da un brano all’altro, morbidamente. Allo stesso modo l’ascoltatore è avvolto, a poco a poco, in un andamento lento in
Time on Highway 5 e la deliziosa
How Long, con effetti ipnotici nel finale, portati a galla dalla slide guitar in
Pyramid Boogie e nell’ostica
Drinkin' Kilju.
Talmud Beach ha il Mississippi nel sangue, la disinvoltura nel giocare con il blues a beneficio di un approccio molto tranquillo che non rischia mai di divenire irritante.