Con
Hank III ogni equilibrio, ogni trasparenza, sono elusi, stritolati da 2 differenti correnti, divise -ancora una volta- in 2 dischi pubblicati lo stesso giorno: “
The first album is more of a country album titled ‘Brothers of the 4×4’. It’s a double disc album and there are a few slow and sad songs mixed with the more happy go lucky type songs. There are also a few songs on there that I wouldn’t necessarily consider country. There are a lot of different sounds on this record”, spiega
Hank III e continua. “
The second release is more of a punk rock record titled ‘A Fiendish Threat’. That album was all done with acoustic instruments which have all sorts of fuzz and distortion placed over the top of it. The two albums are like night and day. The sounds and attitudes are quite different.”
Accelerazioni tra banjo e violino, avvicinamenti deformanti alla slide guitar, un sistema di tracciati che lungo le 16 canzoni di
Brothers of the 4×4 configurano uno spazio altro non canonico (un ora e mezza, con brani tra i 4 e gli 8 minuti), legato alle tradizioni di Nonno Williams ma mutevole, azzardato, libero, centrifugo. Gli 8 minuti di
Nearly Gone sono come un campo gravitazionale che modifica gli ‘oggetti della rappresentazione’ piegandoli alla dinamicità di un country selvaggio che li altera e li trasforma, ma contemporaneamente li mette in relazione anche e soprattutto nella distanza, sia temporale ed emotiva. Nello studio di casa e sempre con il fedele
Korg d1600 (lo stesso usato per registrare
Straight to Hell) deposita strati di dolore, di speranza, di viltà, di orgoglio, di disperazione, di sogno, da
Hurtin for Certain,
Held Up a
Brothers of the 4x4 intervallate da piccole gemme acustiche come
Farthest Away o con l’insolita tromba che accompagna banjo e slide guitar in
Outdoor Plan.
A bordo di un furgone celebra l’amore per gli spazi aperti, una figura che contamina tutto quello che attraversa, verso una vita di certo non felice, dove le delusioni d’amore non scalfiscono i tempi duri in cui viviamo, sappiamo che con
Hank III il volto del male pùo essere anonimo, ma nella splendida
Deep Scars veniamo a scoprirne un altro lato, apparentemente incompatibile, la dolcezza. Senza rigore, ma con una libertà creativa che qualcuno rimpiangerà, spinge sulla slide guitar in
Lookey Yonder Commin,
Broken Boogie e
Overdrive, senza precisi punti di riferimento in
Ain't Broken Down e
Dreadful Drive, da il meglio di sé quando fluttua con lentezza nell’aria dell’abisso di
Loners 4 Life, entrando e uscendo, disegnando strisce di leggerezza che si espandono nella conclusiva bellezza di
Toothpickin.
Una dimensione che riscrive lo spazio di
Brothers of the 4×4 e apre i confini di
A Fiendish Threat. Un disco che resta lontano dalle influenze Metal divise con gli
Assjack, i
3 Bar Ranch e gli
Attention Deficit Domination. Basso, violino, banjo non è la classica strumentazione per un disco di Doom/Punk Metal, ma seppur la base è acustica, la voce di
Hank III cambia, è distorta, gira veloce, è feroce ed implacabile come la bellezza della Title-track,
A Fiendish Threat. Una zona vuota, il luogo di un’assenza. E in questa zona vuota che prende posizione
Hank III. Per ghermire l’ascoltatore, domarlo e nel buio incaternarlo.