Will e Luke, figli del folksinger
David Mallett, sono cresciuti a Nashville insieme ai figli di altri songwriters e musicisti: “
Hal Ketchum was over all the time, Bela Fleck lived down the street. It was a very musical place, and guitars were always being played,” dice Will. “
I got the bug like my dad. If there is one there, I’ve got to play it.” Adesso vivono nel Maine, dove è nata la
The Mallett Brothers Band, un sestetto, 4 songwriters, 2 cantanti e la strada: “
We have found that the road is very fruitful for writing songs,” dice Luke. “
We have a day off every once in a while, and we try to plan around that. When the guitars come out, we have pretty good luck writing. When we are home, there is stuff to do, interruptions and commitments. But when we are out there and have time without an agenda, it’s a really good time for the creative process.”
Land pare adeguarsi alla realtà che ogni volta si trova di fronte, la registra seguendo uno schema rodato tra melodie poggiate su di uno sfondo bucolico e un rock di stampo sudista ma senza essere mai troppo invadente, senza cercare sguardi univoci o definitivi quando il multi-strumentista
Nate Soule lavora assiduamente alla stratocaster appoggiato da
Wally Wenzel che oltre al dobro, lo affianca all’amata telecaster. La famiglia, il rock e la strada, lap steel e mandolino si dividono il mondo di
Land, divisione ‘fisica’ come quella tra gli adulti più o meno frustrati e gli adolescenti allegri e sinceri, ancora nell’anticamera della vita, del mondo reale.
Da
Blue Ridge Parkway le idee schizzano fuori, gli incroci tra elettrico e acustico si distillano, l’autonomia delle chitarre salta fuori, abbagliano e scuotono la splendida
Farmer's Tan, inscritte nel tempo delle dissolvenze incrociate baciano
All Kinds of Crazy e
Getaway Queen, le steel guitars sembrano quasi in rilievo davanti a giornate in cui si cerca di trovare il lato meno amaro, ritagliate nel quadro sonoro di
Land come fossero sfondi scolpiti. La passione dei fratelli Mallett continua a liberarsi e brilla in
Take It Slow, irradia
Somethin' to Lean On e la bellezza di
In the Fold, il calore tra mandolino e pedal steel come magnetismo che attira l’attenzione di chi ascolta pronto ad essere sballottato dalle vibranti
Goodnight,
Piece of Land, verso
Little Bit of Mud: “
No GPS, don't need a map, just a one-way trail and a case of Pabst”, vitali come la sinestetica illusione di un rigenerante getto d’acqua in un’estate afosa.
La società del benessere cloroformizza le persone e inibisce la capacità di riflessione sulla realtà che le circonda, la
The Mallett Brothers Band le scruta da lontano e al terzo disco
Land, dimostrano definitivamente di saper costruire un disco poco alla volta, senza svelare il disegno in anticipo, aggiornando, variando, correggendo il tiro. Papà David ne andrà fiero.