La storia del genere umano. Ecco. Tutto passa da qui. Tutto quello che ascolterete in
Stories They Tell, avverte il songwriter texano, avrà qualcosa a che vedere con questa fotografia temporale e con il suo disincanto “
I’m in my late 30s and have two beautiful kids and they ask me questions about what it was like when I was a kid. So, yes, that has made me reflect on the past 30 years — since I was their age — and what the next 30 years are going to be like.”
Gli orizzonti di
Owen Temple continuano ad allungarsi, il genere umano tra potere, soldi, amore, la ballata elettro-acustica è ancorata all’Americana, deliziose
Looking For Signs e
Big Man, con qualche sorpresa,
Make Something si spinge verso il Mississippi (egregio lavoro alla pedal steel di
Tommy Spurlock). In
Stories They Tell regna il concetto di casualità, non fa distinzioni tra il tappeto sonoro che arriva da grattacieli urbani e il soffitto d’alberi della periferia texana, la bellezza della fisarmonica di
Cities Made Of Gold e
Stories They Tell è percorsa da un turbine di rivalse, pervase da un’atmosfera angosciosa, quasi l’immagine stessa dell’agonia di un periodo storico.
“
On this album, there are also songs about superstition, innovation, power, theft, technology, travel, philosophy, politics, aging and history” aggiunge
Owen Temple, la messinscena è morbida,
Cracking The Code,
Be There Soon,
Johnson Grass e
Man For All Seasons sono al servizio esclusivo della parola, salvo rivelare una sua eloquenza nella pedal steel, incantevoli
Homegrown e la conclusiva
Six Nations Caledonia. I ricordi si inteneriscono ma l’alone della memoria non narcotizza
Stories They Tell: “
It’s what humans do: we make things - tools, songs, and stories - to understand the world and our times.”