RAINVILLE (The Longest Street in America)
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  Recensione del  26/02/2004
    

A tre anni di distanza dall'ottimo Collecting Empties, i Rainville pubblicano finalmente l'atteso secondo album. La band di Denver si presenta con questa formazione: John Common, voce, chitarra e piano, Ian Hiatky, piano, organo, Steve Richards, batteria, Matt Sumner, basso. Il suono è più corposo e maturo e, in sede di registrazione, troviamo anche Paul Childs, John Horan, Bret Billings, John Jacobucci e Paul Ewald. Un suono più maturo,ma anche composizioni meglio strutturate.
Il fantasma di Tom Waits, seppure presente in How About You?, è in secondo piano rispetto ad altre influenze, come Neil Young, Dylan, la canzone d'autore, la musica delle radici. Se il primo sorprendeva per freschezza, Longest Street in America ha più fondo ed una serie di canzoni di spessore. American music a trecentosessanta gradi: country, ma anche rock, blues, ma anche soul, canzone d'autore, improvvisazioni strumentali (come nel finale dell'iniziale Wrong Way). Common ha maturato anche la voce, che è diventata più roca e personale, una via di mezzo tra Mellencamp e Gary Louris, ma con inflessioni calde e profonde.
E poi c'è il suono: pieno, diretto, essenziale, con la ritmica compatta mentre chitarre e piano che fanno il resto. I testi sono cresciuti parlano di gente solitària, di loners, di persone che hanno scelto la via sbagliata, di altre che cercano di tornare sulla retta via, di gente comune, di amori perduti. Il connubio musica testi funziona molto bene, e la voce di Common ha la tonalità giusta per dare un significato alla musica. Se Wrong Way è una rock song dal timbro melodico, elettrica al punto giusto, innaffiata da un piano solido e giocata sulle chitarre di John e Paul Childs, Can't Hide è una slow ballad suggestiva, dotata di una melodia splendida che cresce ascolto dopo ascolto.
Già queste due canzoni definiscono il disco, la sua struttura, la sua profondità. Emma è una road song che si può avvicinare al suono dei primi Jayhawks, con una melodia sfiorata dal country ed un riff d'autore. Real Man inizia con una chitarra acustica, quindi si apre lentamente e lascia spazio alla seconda voce di Hiatky: ma rimane un tour de force per John che suona tutto da solo e lascia fuoriuscire dalla sua penna una ballata lirica e coinvolgente.Wasted Away ha un attacco rollingstoniano ed un suono elettrico e pulsante.
Con Neil Young nei suoi cromosomi la canzone prende corpo immediatamente e, grazie ad un ritornello centrale ben costruito, risulta una delle più riuscite del lavoro. Road Between Two Towns è maliconica e meditativa, con la steel guitar che entra lentamente nel brano, e la voce di John sempre più profonda. Una ballata dai toni crepuscolari che il nostro dedica idealmente a Gram Parsons ed alla sua anima persa nel cielo. Sher Scared Me è un honky tonk rivestito di rock, piacevole e ben fatto, anche se meno personale dei brani che lo hanno preceduto. How'Bout You è un omaggio al suono di Tom Waits. Infatti la canzone è waitsiana al cento per cento, forse anche troppo. Let Me Come Back Home è, per contro, il capolavoro dell'album.
Una ballata dai toni nostalgici che mischia rock e radici con sapienza e che si avvale di una strumentazione ricca, con steel, piano ed armonica che formano una cornice preziosa. John canta con il cuore e la ballata porta il disco ai suoi massimi livelli. Five Dollar Shower ha ritmo e grinta, un suono da border ballad, ed una melodia degna di una ruspante country song made in Texas. Chiude l'album, tra i migliori di quest'anno a livello indipendente, Get in the Car and Drive, che per melodia ed arrangiamento, richiama certe composizioni di David Bromberg in cui i fiati facevano da cornice a canzoni di struttura quasi country. Un piccolo gioiello che suggella la definitiva riuscita di un disco di indubbio spessore.