BAND OF HEATHENS (Sunday Morning Record)
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  Recensione del  05/12/2013
    

Ed Jurdy e Gordy Quist si assumono la piena coscienza dopo la dipartita del gruppo storico (la base ferma, Colin Brooks, legato al Sud e al blues, poi del bassista Seth Whitney e il batterista John Chapman), del rischio di trovare un nuovo linguaggio per articolare il futuro della The Band Of Heathens.
Non semplice per Sunday Morning Record che cerca di muoversi sulla superficie del tempo, anche per coglierne lo spirito degli anni ‘70, “We set out to make a record that chronicled the journey of the band through a really difficult and uncertain time,” dice Ed Jurdi. “In the midst of all of this, Gordy Quist and I were writing songs, starting families, moving families and trying to find a thread to hold onto with our music.”
L’urgere della passione degli esordi lascia il campo a una dimensione meditativa dove la miccia del rock fa un po’ di fumo, va e viene (di rado, passa nella deliziosa Shake the Foundation) tra frequenti abbassamenti di pressione, come una catena, una doppia elica di pop-rock nostalgico entra in circolo, valorizzato efficacemente in Shotgun e Caroline Williams, dove ogni nodo melodico è un momento durante il quale la memoria esercita le sue forze (specialmente in Miss My Life).
Sunday Morning Record coagula di volta in volta attorno alle voci di Ed Jurdy e Gordy Quist, si cercano, a volte si mischiano, poli magnetici di Girl with Indigo Eyes, One More Trip, The Same Picture, Since I've Been Home e Records in Bed, riflessioni sulla specificità di un periodo, gli anni ’70, fin troppo educato, innocuo, aderente ad un ascolto che arriva a svaporare nelle conclusive Had it All e nell’amore di (per il) Texas.
La stroncatura del doppio/live ha fatto venire l’acquolina in bocca, ma Sunday Morning Record solletica gli enzimi del sospetto. La The Band Of Heathens ha ancora una ragione d’esistere.