Al settimo disco, la profezia di
Eric Jerardi si avvera “
Will be my Year!”, a contare è l’idea di movimento, lo spazio percorso in un perimetro circoscritto di un arcigno blues/rock,
Everybody’s Waiting non è per il trio (con Jon Arnold al basso e Joe Prescott alla batteria) un semplice rimasticare temi già sentiti nei lavori precedenti, non è così, usa più o meno gli stessi ingredienti ma lo sguardo della
Eric Jerardi Band sul blues è sostanzialmente ridotto, compresso in un egregio lavoro alle chitarre che sottopone ad una maggiore limitazione dello spazio nella coriacea bellezza di
Diggin' That Hole e
Keep On Steppin'.
Come se ogni melodia fosse una freccia che parte, sbatte contro un muro e torna indietro. “
All those years of honing my craft have brought me to this comfortable place in my life and my music that I wouldn't change for anything” dice Jerardi. “
I'm writing more fun or witty songs as well as my usual heartbreakers, and I like it. My playing, singing and writing have never been better, and the new CD will showcase that”,
Eric Jerardi è sempre assorto sulla chitarra, alle prese con lo stesso atto sulle corde, guarda con irrequietezza a destra in
Everybody's Waiting On Me,
Midwest Living e
End Of Days, mentre a sinistra si fissa sulle ballate, splendide, di
My Love Lies In Wait e la conclusiva
Working Double For Half, senza concentrarlo e senza svuotarlo per perderlo lungo il vortice di
What Became Of Me e
Kitchen Sunks.
La
Eric Jerardi Band questa volta non concede tregua, dichiarando, propedeuticamente, tutto dal principio.