L’inglese
Kevin Jennings (ex-manager dei
The Georgia Satellites e dei
Black Crowes) invece di abbandonare sul binario di una stazione di provincia delle vecchie demo, chiama l’amico
Charlie Starr (chitarrista e vocalist dei
Blackberry Smoke) carica sul lato di un treno amici fidati (il chitarrista Rick Richards) e il bassista Jeff Bakos (Jason & The Scorchers) e corre via verso futuri nomadismi da musicista.
Sorprende l‘atteggiamento dei
The Western Sizzlers nei confronti del territorio a loro disposizione, si nasconde per lavorare sotto la superficie di un selvaggio honky tonk nell’iniziale
One More Beer (“
And I’ll buy you a diamond…”) per lasciare che dalla vita, dai suoi inganni e alle dalle sue gioie spunti fuori il temperamento sudista.
A Charlie Parr i
The Western Sizzlerz affidano il ruolo da protagonista, splendide
Keep Smilin' e
The Lion's Cage, la razionalità egoista maschile penetra nel viscerale sfondo bucolico di
Can't Win for Losing, il cono d’ombra della femminilità, soggiogandola al tempo della telecaster in
I'll Die a Happy Man If It Kills Me, baciata dall’armonica in
The Last Straw e nell’accalorata versione di
Break the Rules (Status Quo) lasciando al corpo della lap steel il contatto acustico nella bellezza di
Sugar Pie, con quella volontaria sfida al flusso delle tradizioni del country, dove il passato cancella il futuro.
For Ol’ Times Sake… si muove all’interno di un nostalgico canyon mitopietico dal quale sgorgano eroi, fantasie e sogni tra il cowboy malinconico di
Shine, la deliziosa
One Day Closer to Crazy (“
I miss my other life, you know, the one when I was young…”) e lo zelo di
Unfinished Business che ha anche il merito di riuscire ad entrare materialmente nella vita e nelle situazioni delle persone. In fondo la strumentale
The End, a richiamare la possibilità di fuga dei
The Western Sizzlers capaci di saper perforare il muro di un orizzonte country senza fine.