DIRTY STREETS (Blades Of Grass)
Discografia border=Pelle

        

  Recensione del  20/09/2013
    

Il trio di Memphis dei Dirty Streets staziona ancora tra gli anni 60/70, Blades Of Grass -terzo disco e nuova etichetta, Alive Records (casa di Lee Bains e dei Radio Moscow) ha una bellezza diversa da quella ricercata nei primi due dischi, si gioca sullo squilibrio delle percussioni, sull’asimmetria dei vocalizzi di Justin Toland e il montaggio controtempo della chitarra che mantiene sempre il campo lungo nell’avvio prelibato di Stay Thirsty, e non si preoccupa di modellarle ‘sulla bella armonia’ nella stopposa Talk.
On this record and also on the last one [Movements, n-d-c], we moved in the direction of writing songs that we could play live in a certain way, but at the same time we were making songs for the sake of being songs. The other thing is, production-wise, we got better at recording and having ideas for overdubs”, i Dirty Streets si lasciano andare allo slancio della passione per il classic rock nell’avvolgente No Need to Rest, Keep an Eye Out e con Try Harder, la storia di uomo onesto e lavoratore, lo sfondo amaro su cui vengono a patti il sentire più profondo di una vita vissuta tra le tante tribulazioni del quotidiano, tema intimamente personale in Blades Of Grass (il tocco elettro acustico di Movements #2).
Rick Steff (dei Lucero) all’organo B-3 e Adam Maxwell all’armonica entrano in scena per spingere indietro la lancetta del tempo, splendide I Believe I Found Myself, Heart of the Sky, la florida Truth, tutte insieme a delineare margini e influenze che strutturano un macrocosmo sociale, il classic rock e un micrososmo individuale, le inevitabilità del loro fondersi e confondersi in Blades Of Grass.