One For The Habit, One For The Road, a ruota libera,
Voo Davis passa e ripassa sopra lo stesso tema, cancella e rifà con la slide guitar e l’armonica, una visualità indipendente sul Mississippi che si rivela senza remore, senza bisogno di altre spiegazioni. La forza di
Vicious Things come una ragnatela di ragnatele, estesa e compatta per quanto eterogenei siano i suoi fili.
Una struttura spaziale e temporale sul delta blues, soggettiva e oggettiva, le cui maglie fitte e intricate rendono possibile unificare ciò che dovrebbe essere distinto (il piano jazzato che apre la sorprendente
Phantom Woman) e disgiungere ciò che dovrebbe essere unito nella deliziosa
Whisper. Dalla strumentale
119 Presidents St. (l’indirizzo del 119 Underground blues club a Jackson, Mississippi) e
Waitin' on that Day risalta l’aspetto espressivo che
Voo Davis va cercando attraverso un incedere armonico rarefatto, si concentra prima sull’acustico, e tra le azioni quotidiane lentamente svapora nel clima torrido della jam finale della splendida
Had Enough.
Lo illustra nello spessore di
Big Life e
Suffer No More, come un gioco di scambi tra la slide guitar e piccole sciarade tra l’organo e l’armonica, un vorticoso cruciverba melodico che
Voo Davis risolve diligentemente nell’altra strumentale
Loving Loudon prima di aprire
A Place For You e
Put Your Head On My Shoulder all’amore, nel suo farsi parola. Una parola che ricerca ed esprime i moti profondi dell’animo, si fa documento, diventa traccia che a sua volta ridona vita e amore a chi si lascia coinvolgere. Ed è quello che bisogna fare con la musica di
Voo Davis.