Cresciuto in Ohio, talento chitarristico immerso nel soul e nel delta blues, iconografia dell’esordio
Close to the Floor. Sgranature e raffreddamenti, un effetto di rimbalzo tra giorni bui, il ricordo del bluesman
Robert Johnson, amori perduti, soldi, religione e redenzione, dove la chitarra non è la palla né il muro, ma il modo in cui modifica il movimento di un blues che ci parla, ad un tempo, della sorgente del Mississippi.
Emette la luce e le benedette
Working For You e
It's Spiritual la riflettono, il ‘periodo blu’ di
Patrick Sweany è un percorso nella sofferenza, lungo le crude, tigliose
Every Night Every Day e
Every Gun, a vivere quella dimensione dolorosa del ‘colore del blues’ che tanto ha dato al genere musicale della malinconia, quelle storie d’amore spezzate nella ballata di
The Island dove non cerca di trovare parole consolatorie agli insondabili moti del cuore e dell’amore, fin dove arriva l’uno e dove comincia l’altro. Sulla strada della brillante
Bus Station entra in gioco il rock innescando una marginale, ma in effetti fondamentale, domanda di senso tra la solitudine e la ricerca di un luogo da chiamare ‘casa’ che in realtà non esiste, tra distacco dagli altri e da un mondo di convenzioni senza scopo, di relazioni vuote e sogni di plastica, un’analisi lucida coagula sul lento incedere della splendida
Deep Water.
Quando arriva al bivio del pop in
Just One Night,
Patrick Sweany sa scegliere la strada giusta per
Close to the Floor, la accompagna nel finale con il bel lavoro alle corde e alla voce in
Slippin', oltre la soglia di una nuova vita in
Terrible Years.
Close to the Floor, un disco concepito come un mezzo per conquistare cuore e memoria.