Dal Mississippi condotto al colore pulviscolare del blues dal singer/songwriter Anders Osborne a registrare senza i
The Sufferin' Bastards (c’è solo il batterista Karl Gans)
Resurrection, frutto del tremolio delle grana delle chitarre alla ricerca di essere tutt’uno con l’aria della Louisiana.
La
Ross Neilsen Band si muove nel blues rock, un’esondazione del vecchio stile anni ’60 e ’70 in un macroterritorio che si espande per progressioni melodiche da
When My Trouble's Gone e che fonda la propria riconoscibilità tra le chitarre di Warren Riker, Anders Osborne e lo stesso Ross Neilsen.
Un suono leggermente metallico in
Walk On By e riflettente nella brillante
Year Of Tears,
Resurrection vuole tuttavia spingersi oltre, e sebbene scelga una strada turtuosa per correre in discesa dal primo all’ultimo minuto,
Daddy Taught Me e
Ain't Like That imprimono un andamento ‘lento’ e un’armonia equilibrata in accordo da una parte con lo stile del precedente
The Shack Up Sessions, fermo e sereno in
Lay Down No More mentre sale la nostalgia di quei giorni a Clarksdale, Mississippi.
Heartbreak Apart diviene il polo in cui riconvergono i toni rarefatti alla ricerca di un blues/rock intenso,
Devil's Wife è chimerica e sfuggente seppur dentro, sia carnale e palpitante,
Need You More spiazza leggermente, gli ingredienti variano come se fossero non ben amalgamati, ma vanno a comporre lentamente un quadro coerente, alla luce soprattutto dell’amara chiusura della splendida
Juanita.
10 minuti a seguire il vento di una jam alla chitarra che produce effetti: sposta le cose, le trasporta, le travolge e fa spazio al cuore di
Resurrection. Il blues.