Persi nelle luci della notte texana, nei luoghi del consumo alcolico indotto, nelle dimore che assomigliano solo e sempre a vecchi saloon, lo sguardo di
Jackson Taylor & The Sinners resta -per così dire- sospeso alla giusta distanza dalla vecchia scuola country, né troppo ampia né troppo ravvicinata, pieno dei soliti dettagli (donne, fuorilegge, telecaster, birra e honky tonks) e sembra non aver prodotto effetti deleteri sulla sua musica, almeno a giudicare
Crazy Again.
Resta ironico ma non sprezzante lo sguardo sulla vita da parte di
Jackson Taylor, indagato però senza arroganza e senza la classica pelosità piccolo borghese quando si tratta di parlare di amore, è diretto e sfrontato nelle piacevoli
Makeup And Faded Blue Jeans,
She’s Not Your Girlfriend, riflessivo quando rallenta nella prelibata
Letting Go (“
I’m somewhere between I love you and I’m leaving. I’m somewhere between holding on and letting go”) o quando ripesca
What A Way To Go, per mostrare la sua indole gioviale e burlona. Come sempre, a muso duro. Senza paura di sfiorare successi di un vasto repertorio (una decina di albums), tanto nello stile quanto nel contenuto tra le coriacee
Rain e un’indiavolata
Jack's Drunk Again.
Facile orientarsi nei dischi di
Jackson Taylor & The Sinners, anche quando l’ago della bussola di
Crazy Again è affidato alle mani della pedal steel di
Dan Johnson (basilare nella conclusiva
This Ain't Goodbye (Paul's Song) con Earl Hinton all’altra steel guitar). Non ha un Nord verso cui puntare nella ridente bellezza, corposa come la storia di provincia di
No Place to Go, ma ad ogni brano c’è un pezzo di vita in più. Un’indicazione di senso per
Crazy Again –la title-track, incarnato nel doppio passo di
Whiskey Drinking Song, un efficace mélange di ironia e irrequietudine, suadenza seduttiva e nevrosi elettrica. Il meccanismo piu intimo di
Jackson Taylor & The Sinners, capace ancora una volta di alleggerirci la vita e di farci tirare avanti.